lunedì 28 novembre 2011

Romanzi a New York #68: L'Ereditiera


Faccio una premessa. Ogni volta che leggo un libro di uno dei maestri di fine Ottocento o inizio Novecento resto sempre folgorato. È accaduto, tanto per fare un paio di nomi, con Edit Wharton, con Herman Melville e accadrà ancora. La qualità della scrittura, il dosaggio delle parole, l'eleganza delle definizioni, la ricchezza dei personaggi... Tutto è eccellente, nonostante le atmosfere datate, il ritmo a volte (deliziosamente) blando, le enfasi un pò barocche ("Diletta mia, puoi dubitarne?"). È un pò come, mi si passi il paragone, quando capita di vedere una bella coupè degli anni 60, che so, una Jaguar E o una Lamborghini Miura, e poi guardare una delle tante supersportive di oggi: belle, perfette, disegnate al computer, ipertecnologiche, ma frutto sempre di un progetto industriale, di riunioni a tavolino, di passaggi obbligati in strutture di controllo e revisione secondo i canoni del mercato. Un pò come la letteratura di oggi. Fine della premessa.
Passiamo a Henry James e a quel piccolo capolavoro che è L'Ereditiera, il cui titolo originale, Washington Square, ci porta in una delle piazze più celebri di New York City, ora come allora. È un libro fuori catalogo, come molti apparsi in questo blog e come molti che vi appariranno, già pronti negli scaffali della mia libreria. Resta per me sorprendente come alcuni tra i migliori libri newyorchesi siano irreperibili. Che siano classici di pubblico dominio o di autori da riscoprire, per molti editori non fa differenza, a meno che qualche regista non li riscopra per trarne un film, o almeno uno sceneggiato, pardon, una fiction in televisione.
Evidentemente non avevo finito la premessa, ma ora sì.
Abbiamo già incontrato Henry James ne La Scena Americana e sappiamo che lo scrittore nel 1875 si allontanò per lungo tempo da New York per ritornarvi solo dopo venti anni. Questo romanzo è stato scritto poco dopo la sua "fuga", quando i ricordi della metropoli erano relativamente recenti.
Washington Square è una delle piazze più celebri di New York, situata nel cuore del Village, divenuto nel tempo luogo di incontro storico per bohemian ed artisti, caratterizzata dalla grande fontana centrale e dall'arco eretto nel 1895 su progetto dell'architetto Stanford White (forse questo nome vi ricorda qualcosa).
A nord della piazza c'è un prestigioso complesso di appartamenti costruito nel 1829 noto come The Row dove ha vissuto lo stesso scrittore e dove, nella seconda metà dell'Ottocento, è ambientato L'Ereditiera. "Il punto ideale per trovare quiete e sereno ritiro, nel 1835, era Washington Square, dove il dottore si costruì lui stesso una bella casa mpderna, ampia, con un grande balcone davanti alle finestre del salotto e con una fuga di scalini di marmo bianco che portavano ad un ingresso pure esso rivestito di marmo bianco." Il ricco e vedovo medico Austin Sloper è il padre di Catherine, ragazza dolce e sensibile ma priva di particolari qualità. Il padre ha un rapporto distaccato, quasi ostile, con la ragazza che cresce con le cure della vivace zia Lavinia Penniman. Catherine, il cui inserimento in società risulta faticoso, incontra l'affascinante e squattrinato giovane Morris Townsend, che è molto attratto da lei (o dalla sua eredità?). Il dottor Sloper osteggia la relazione amorosa in modo determinato, severo e subdolo. La ragazza trova nella zia un alleata sin troppo schierata, talmente sensibile al romanticismo delle situazioni da prendere iniziative forse controproducenti. Il padre giungerà alla decisione di portare con sè la figlia in Europa per un lunghissimo viaggio nella speranza di farle dimenticare il giovane. I sentimenti della ragazza sono contrastati.
Il dissidio interiore la divora, la sua personalità emerge e la consapevolezza che l'amato sia solo un cacciatore di dote le si insinua nella mente ma non migliora la situazione: la questione venale non interessa Catherine, ma il fare un torto all'amato padre invece sì.
Morris si rivelerà per quello che è, quando la ragazza deciderà di sposarlo nonostante che il padre in tal caso la diseredi.
Mi fermo qui con la trama, che procede con intensità, mai banale, affronta il dramma del rapporto tra padre e figlia e rifugge da un lieto fine convenzionale.
L'Ereditiera racconta l'aristocrazia di New York del passato in maniera mirabile, coglie l'essenza di una società che cambia: "Non importa - disse - è solo per tre o quattro anni e poi cambieremo casa. Così si vive a New York. Bisogna cambiare casa ogni tre o quattro anni. E avere sempre tutto nuovo. Perché la città cresce in fretta. Si espande verso nord."
Da questo romanzo sono stati tratti un paio di film, se proprio non trovate il libro provate a recuperare il classic movie diretto da William Wyler nel 1949 con protagonisti Olivia de Havilland e Montgomery Clift.
L'Ereditiera, Henry James, Edizioni Accademia, 1973