venerdì 9 settembre 2011

Romanzi a New York #64: L'Uomo che Cade


Dopodomani saranno trascorsi dieci anni dall'11 settembre 2001. Inevitabile per me non ricordare questa data con uno dei molti romanzi che hanno affrontato l'argomento, scavando nell'anima della città ferita. Non è che in questo blog non se ne sia mai parlato (vedi i post #19, #37 e #60 ma oggi, sarà anche una scelta banale, credo sia giusto parlarne ancora facendo cadere la scelta su L'Uomo che Cade (Falling Man), scritto da Don De Lillo nel 2008. De Lillo, che abbiamo già incontrato qui è uno degli autori contemporanei più interessanti della letteratura americana, uno dei maestri di oggi da cui molti giovani scrittori traggono ispirazione. L'Uomo che Cade è la storia di Keith Neudecker che, sopravvissuto al crollo di una delle torri gemelle, si ritrova coperto di cenere, vetro e sangue con in mano una valigetta non sua. Lo shock è terribile. Il trauma cambia la vita del protagonista: "Continuavamo a scendere. Buio, poi luce, poi di nuovo buio. Mi sembra di esserci ancora, su quelle scale. Volevo mia madre. Dovessi campare cent’anni sarò sempre ancora su quelle scale. Ci stavamo mettendo così tanto che in un certo senso era quasi normale. Non potevamo correre, per cui non era un fuggifuggi frenetico. Eravamo bloccati tutti insieme. Volevo mia madre."
A tentativi di riavvicinamento alla moglie separata si aggiungono le giornate di un figlio, Justin, che passa il tempo ad aspettare altri aerei-bomba, una relazione clandestina con Florence, la proprietaria della valigetta, con la quale vive e rivive lo shock dell'evento. Passa il tempo, la situazione si complica, appare la madre della moglie che vive con un uomo ambiguo. Keith fatica a rialzarsi, trascorre lunghi periodi in viaggio, da Parigi a Las Vegas, immerso nei tornei di poker, trasformando la sua vita in una vita-oggetto, scandita di quando in quando dalle performance dell'uomo che cade, un performer che si lancia in caduta statica da vari punti della città, assumendo le posizioni di un uomo che si era buttato dalle Torri prima del crollo: "a testa in giú, con le braccia tese lungo i fianchi, un ginocchio sollevato".
E' un romanzo duro, complesso, con personaggi che diventano interpreti dei molti punti di vista sulla situazione sociale e politica degli Stati Uniti, pervaso da un senso di ineluttabilità che racconta in maniera magistrale lo smarrimento americano post-attentato. La caduta e la conseguente paura di non rialzarsi di Keith è la paura dell'America: "Nell'aria c'era ancora il boato, il tuono ritorto del crollo. Il mondo era questo, adesso. Fumo e cenere rotolavano per le strade e svoltavano angoli, esplodevano dagli angoli, sismiche ondate di fumo cariche di fogli di carta per ufficio in formati standard dai bordi taglienti, che planavano, guizzavano in avanti, oggetti soprannaturali nel sudario del mattino".
L'Uomo che Cade, Don De Lillo, Einaudi, 2008