domenica 10 febbraio 2013

Romanzi a New York #98: Il Colosso di New York

Ci sono libri che non sono solo romanzi ambientati a New York ma rappresentano un inno alla Grande Mela o, per dirla in termini jazzistici, una jam session con i suoi assoli, dove al posto degli strumenti ci sono i quartieri, i luoghi, gli ambienti di questa straordinaria città. Colson Whitehead, classe1969, è uno degli autori afroamericani di spicco della metropoli che dopo romanzi come L'intuizionista e John Henry Festival sceglie come protagonista la sua città dedicandogli 13 capitoli che attraversano la city con sensazioni e parole sui Limiti della Città, Times Square, la Metropolitana, Broadway, Coney Island, NewYork nella pioggia, Central Park, NewYork al Mattino, all'Ora di Punta, Times Square, il Ponte di Brooklyn, la Port Authority e i suoi autobus ("Scendono curvi dall'autobus ed è evidente che in un modo o nell'altro sono senza soldi. Altrimenti sarebbero arriuvati qui in modo diverso."), Downtown e, infine, l'Aereoporto JFK.
Il Colosso di New York (The Colossus of New York) è un cantico, un atto d'amore, ma anche un saggio di critica e arguta osservazione, il tutto raccontato con i ritmi e la passione di un romanzo dotato di un protagonista indimenticabile: la città.
"Non importa da quanti ci abiti, sei un newyorkese la prima volta che dici: Là c'era Munsey's, oppure: Lì una volta c'era la Tic Toc Lounge. E prima che si insiediasse l'internet café, qui ti facevi risuolare le scarpe."
Lo sguardo di Whitehead sulla città suona ancora attuale nonostante il libro sia del 2004 e a New York City, si sa, 9 anni possono costituire un'eternità. L'autore osserva la gente, la studia, la segue con una attenta distrazione: "I turisti scoprono cose che lui dà per scontate. Torturano le loro guide e discutono, dicono: Siamo già passati di qui, girano in tondo come i migliori veterani. In questa città si finisce sempre nelpunto da cui si è partiti".
L'autore, che ha appena completato il suo nuovo romanzo Zone One, non è sempre tenero con la sua città, ma è la sua città; e benché non manchino ritratti di disagio sociale e situazioni di parafelicità, trattate con buona dose di ironia, quello che ne esce è comunque un quadro seducente delle streets, dei parchi, dei locali, dei lunghi marciapiedi, dei ponti maestosi. Whitehead provoca la visione della città, getta il seme per riflettere attraverso le possibili prospettive dello sguardo del narratore ma anche del lettore.
"Fermiamoci un attimo per farci piccoli davanti a questa skyline imponente. Tanti edifici arroganti, è come trovarsi alla fiera della stupidità. Forse la riconosci perché l'hai vista sui manifesti o alla televisione. Sembra un set cinematografico, un falso fronte industriale. Dietro le facciate scintillanti, compensato e barattoli di vernice."
Il Colosso di New York è un libro da cercare e riscoprire, un punto di vista inedito e personale che deve trovare il suo posto in ogni libreria newyorkese che si rispetti, dove ogni tanto andare a rileggere qualche frase, qualche secca ma efficace definizione: "Questa città è il premio per tutto ciò che ti permetterà di ottenere e il castigo per tutti i crimini che ti costringerà a commettere."
Il Colosso di New York, Colson Whitehead, Mondadori Strade Blu, 2004