martedì 13 marzo 2012

Romanzi a New York #82: Orgogliosa Sorella Morte

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Una bella botta al fegato.
Beh, lo so, non è il modo più elegante per iniziare una recensione, ma tant'è. Dimentichiamo la New York da cartolina e leggiamo tutto d'un fiato questo libro, perdiamoci tra le righe angosciose e seducenti di Thomas Wolfe (1900-1938), uno dei maestri della letteratura del 900 americano, padre putativo della beat generation, scomparso neanche quarantenne per una forma di tubercolosi contratta probabilmente per aver condiviso con un barbone alcolizzato e malato una bottiglia di whisky.
Orgogliosa Sorella Morte (Death The Proud Brother) - sì, in Italia il fratello è diventato sorella - è un romanzo breve, autobiografico, una short story, in origine pubblicata postuma all'interno di una raccolta intitolata From Death Till MorningIl testo racconta il rapporto dell'autore con la Morte, vissuto attraverso la fine tragica di persone comuni nella città di New York. Incidenti d'auto, morti bianche sul lavoro, un barbone che si spegne su una panchina della metropolitana. La visione della morte si trasforma in quadri intrisi di dramma, di passioni, di un'estetica brutale e poetica. 
La scrittura di Wolfe è ancora oggi originale, lirica e irrequieta. Una magia che magari ci ingrossa il fegato, ci soffoca l'anima, ma è pur sempre una magia: "Avevo visto la morte per la prima volta quattro anni prima, nell'aprile del mio primo anno in città. Accadde all'angolo di una delle sudicie e affollate strade dell'Upper East Side, e il modo accidentale in cui avvenne aveva qualcosa di così spietato e indifferente da risultare più crudele di qualunque deliberato e calcolato atto di crudeltà".
Wolfe vaga per la city, beve e cammina, vede la gente morire e ci racconta come muore. Ci racconta come la presunzione dell'uomo tenti vanamente di definire la Morte che quasi risponde: "Non sono nè gentile, nè crudele, nè amorevole, nè vendicativa: sono solo indifferente a tutti voi, perché so che altri vi sostituiranno quando morirete, e si leveranno a milioni quando sarete caduti e la Città, l'immortale Città, risorgerà per sempre riversandosi come una grandiosa marea su questa terra". 
Questa è la New York di Wolfe, dove si passa da scomparsa a scomparsa tra spettatori cinici, medici assuefatti, folle di curiosi che sembrano formarsi dal nulla e poliziotti che tentano di scacciarli. La città vive, la gente muore. Tutto normale. E il racconto procede e incede, con il linguaggio rapsodico e moderno dell'autore: "La terza volta che vidi la morte in città accadde invece in questo modo. Un mattino dell'anno prima, in maggio, stavo camminando lungo la Fifth Avenue. Era una magnifica giornata, luminosa e brillante, e nel cielo di un azzurro delicato s'irradiava una luce immensa, così ferma e compatta che sembrava quasi di poterla toccare. Si aveva l'impressione che palpitasse, allargandosi e spandendosi in una cristallina ragnatela iridescente, giocando a lampi tra le spire delle torri luccicanti e le vaste facciate di enormi edifici, e incendiando con vivide macchie di luce e colori la moltitudine di gente che si affollava senza sosta lungo la strada, quasi fosse un abbagliante lago di zaffiri".
Ho voluto riportare questa lunga ed emozionante descrizione della Fifth Avenue in primavera proprio per sottolineare la capacità poetica di Wolfe, qualità che si alterna ad una crudezza descrittiva del dolore e della morte che in questa recensione ho risparmiato ma che non mancherà di stupire, di colpire nel profondo il lettore.
Piccolo, grande capolavoro, con il quale l'autore esplora il suo e il nostro inconscio e racconta la Morte in una Città immortale che Wolfe stesso tiene ogni tanto a scrivere con la "C" maiuscola.
Orgogliosa Sorella Morte, Thomas Wolfe, Mattioli 1885, 2010