giovedì 7 luglio 2011

Romanzi a New York #55: La 25° Ora


La 25° Ora (The 25th Hour) di David Benioff, classe 1970, racconta il lato oscuro della New York degli anni 2000, quelli della tolleranza zero, della città pulita e vivibile, dove la microcriminalità scompare o quasi da Manhattan. Il crimine ora viaggia per altre strade, come quella intrapresa da Monty Brogan che gira per New York con la sua Corvette carica della roba del boss Uncle Blue. Monty è uno dei pusher di fiducia della New York bene, quella dei college di lusso, delle star di Hollywood di passaggio, dei brokers di Wall Street.
Qualcosa sta per cambiare, una soffiata mette Monty nei guai con i federali ed entro 24 ore dovrà presentarsi al carcere di Otisville per passarci sette anni. Come vivrà quest'ultima giornata? Che dirà la sua ragazza? Sarà una buona idea quella di una festa nel locale del suo boss con gli amici Frank Slattery, ex lottatore ora genio della borsa, e il timido professore Jakob Elinsky? Cosa gli passerà per la mente sino all'arrivo di quella fatidica 25° ora? A queste domande Benioff risponde con una storia di espiazione, amicizia, affetti, amore ed azione dal ritmo magistrale. I dialoghi sono affilati e profondi, i personaggi dettagliati e sorprendenti. Le atmosfere non sono mai consolanti, anche se non manca l'ironia e quel cinismo ad effetto tipico dello sceneggiatore cinematografico navigato quale Benioff è.
Si resta coinvolti dalla storia di Monty, si parteggia per questa canaglia che ha molto da farsi perdonare ma che non si riesce a condannare.
Il libro è anche un inno a New York, al fascino e alla bellezza delle sue contraddizioni e c'è un momento, a pagina 120 per essere precisi, in cui Monty chiuso in un bagno si lancia in un'invettiva memorabile nei confronti della città che racconta New York, tutta New York, in una tirata mozzafiato. "Si fotta questa città e tutti i suoi abitanti... i droghieri coreani con le loro piramidi di frutta venduta a peso d'oro, e le rose e i tulipani fasciati nel cellophane. Gli operatori di Wall Street, pieni di sè e di acqua di colonia, che leggono il giornale in metropolitana. Si fottano i tossici delle scuole bene che fumano schifezze nella cucina di papà. mentre lui vola a Tokio per affari..." e cosi via per cinquantotto righe sino all'inevitabile "e fottiti anche tu, Montgomery Brogan, vai al diavolo."
Nonostante l'aggressività, è proprio la conoscenza mostrata della città che rivela l'amore che il protagonista nutre verso di essa, lui, Montgomery Brown che, volente o nolente, per sette lunghi anni dovrà separarsene.
E' un invettiva disperata e disperante che, se mi è consentito un parallelo, suscita le stesse emozioni che la poesia Mamma Roma (Addio!) di Remo Remotti scatena in chi ama Roma e ascolta con la pelle d'oca quei versi (se avete tre minuti di tempo guardatevi questo video della poesia)

La New York raccontata da Benioff benché lontanissima dalla iconografia da cartolina affascina comunque: "Monty è seduto sulla ringhiera della passeggiata che affaccia sull'East River, e tamburella con la mano destra sulle assi scheggiate, il guinzaglio avvolto ben stretto attorno al polso. Osserva gli edifici del Queens attraverso gli archi di una balaustra di ferro, il Triborough Bridge a nord, il ponte della Cinquantanovesima a sud. Al di là del fiume, la punta settentrionale della Roosvelt Island, sorvegliata dal vecchio faro di pietra." 
Il libro è uscito nel 2001 e, come molti di voi avranno già ricordato, nel 2002 è diventato un film diretto da Spike Lee, passato alla storia per essere stato il primo film a riprendere Ground Zero e a raccontare la New York del post 11 settembre. Ristampato di recente in formato tascabile, in realtà il libro è stato completato prima dell'atto terroristico e quindi nel testo non ve n'è alcun riferimento. La storia è stata modificata e sceneggiata per il cinema dallo stesso Benioff per una scelta del regista, che considerava troppo vivo il ricordo dell'evento per non inserirlo e, inoltre, le atmosfere del film e dei suoi cittadini ostinati nel vivere e amare quella città ben si prestavano al nuovo taglio narrativo della vicenda che esigeva il grande schermo.

L'ossatura generale della storia rimane fondamentalmente la stessa, con un finale toccante e sconvolgente, un epilogo che non si dimentica e che accompagna il lettore, anzi lo strattona, verso la fine. Lieta o non lieta non sta a me dirlo.
La 25° Ora, David Benioff, Beat Edizioni, 2011