giovedì 30 giugno 2011

Romanzi a New York #54: Eremita a Parigi. Pagine Autobiografiche


Il titolo non tragga in inganno. Questo libro di Italo Calvino (1923-1985), uno dei massimi scrittori del secolo scorso, contiene oltre alle vicende vissute durante il suo lungo soggiorno a Parigi anche alcune splendide pagine dedicate a New York, scritte tra il 1959 e il 1960, quando, trentaseienne, l'autore per la prima volta raggiunge la città. Sono gli anni che precedono l'incrinarsi del mito della big town che di lì a poco vivrà il momento buio dei 70, quando nell'immaginario collettivo il peggio del mondo stava lì, tra i grattacieli di New York. Calvino coglie quindi ancora la metropoli nel suo splendore non solo architettonico e urbanistico, ma anche emotivo e da maestro quale è la dipinge con parole che tutti vorremmo saper esprimere quando ci chiedono di raccontare il nostro ultimo viaggio:
"New York, qualcosa che non è del tutto America nè del tutto Europa, che ti comunica una carica d'energia straordinaria, che ti senti subito come se ci fossi sempre vissuto... Naturaalmente, uno appena è sbarcato qui, pensa a tutto fuorché a tornare indietro."
In queste pagine autobiografiche Calvino gira per la city e ne offre un quadro frammentato ma straordinariamente sincero ed arguto, come nel caso di una inedita passeggiata a cavallo per la città, come fosse un eroe dei suoi racconti: "Cavalco alto sui tetti delle automobili che sono obbligate a rallentare dietro il passo del cavallo. Provo il trotto e anche il galoppo, che è più facile. Intorno, nell'aria meravigliosaente serena di New York (nessuna città al mondo ha l'aria così limpida e il cielo così bello) i grattacieli. Nei prati di Central Park corrono i soliti scoiattoli. La mia accompagnatrice mi grida istruzioni tecniche che non capisco. Ho il senso di dominare New York come non mai, e a tutti quelli che vengono a New York raccomanderò per prima cosa di fare un giro a cavallo."
Lo scrittore gira per i quartieri come se avesse con sè una cinepresa letteraria, ne inquadra scene, si sofferma su alcuni particolari inediti, li arricchisce di un taglio personale, se non anticonvenzionale, e ci restituisce sulle pagine del libro immagini e descrizioni perfette e, soprattutto, sincere. E' il caso della sua visita al museo Guggenheim, allora da poco inaugurato. "Tutti lo criticano; io ne sono un sostenitore fanatico ma mi trovo quasi sempre isolato. E' una specie di torer a spirale, una rampa continua di scale senza gradini, con una cupola di vetro. Salendo e affacciandosi si ha sempre una vista diversa con proporzioni perfette, dato che c'è una sporgenza semicircolare che corregge la spirale, e in basso c'è una fettina d'aiola ellittica e una vetrata con uno spicchio di giardino, e questi elementi, mutando sempre ad ogni altezza ci si sposti sono un esempio di architettura in movimento di esattezza e fantasie uniche."
Sfido chiunque a trovare una descrizione migliore del museo progettato da Frank Lloyd Wright.
Calvino si sente cittadino di New York, alloggia al Village, visita l'Actor Studio, assiste a spettacoli teatrali, vive il fantasmagorico Natale della città. Un testimone eccezionale per una città eccezionale, tant'è che nel 1999 la figlia Giovanna organizzò a New York un convegno internazionale dedicato al padre e il risultato di quell'incontro è stato raccolto in un libro dal titolo inequivocabile: Newyorchese pubblicato dall'editore Avagliano.
Eremita a Parigi. Pagine Autobiografiche, Italo Calvino, Oscar Mondadori, 1996