martedì 20 dicembre 2011

Romanzi a New York #70: Rosemary's Baby


Il tema delle case maledette è uno dei più ricorrenti nella letteratura horror e, come per tutti gli argomenti, c'è modo e modo di affrontarlo. Rosemary's Baby di Ira Levin (1929-2007), pubblicato in Italia la prima volta nel 1968, è stato ed è ancora nel suo genere uno dei migliori romanzi in assoluto.
Un'inquietudine elegante, ironica ma non per questo meno demoniaca, accompagna il lettore dentro una favola cupa, con una trama ad orologeria, erede dello stile dei maestri del genere, da Edgar Allan Poe a Harold Phillips Lovecraft.
L'immaginario collettivo abbina questo titolo all'eccellente adattamento cinematografico che Roman Polanski girò quasi immediatamente dopo la pubblicazione americana del romanzo (il libro è del 1967, il film del 1968) e, di conseguenza, anche a quel celebre edificio che è il Dakota Building, più volte citato in questo blog in varie recensioni. L'ambientazione newyorchese, in bilico tra echi e riti gotici e la modernità della city, è un punto nodale della narrazione, e questo post è l'occasione giusta per fare un pò di chiarezza sulla vera location della storia. In realtà nel romanzo di Levin la casa maledetta non si trova nel condominio gotico visto al cinema situato tra la 72esima e Central Park West, poiché i giovani coniugi Rosemary e Guy Woodhouse passeranno i loro guai nel Bramford Building, un edificio immaginario per la cui creazione lo scrittore ha preso spunto non dal Dakota ma da un altro palazzo, l'Alwyn Court, al n. 180 west della 58esima strada, completato nel 1910 e definito dalle agenzie immobiliari come "l'edificio più decorato della città", colpevolmente meno battuto dagli itinerari turistici.
"Grazie, stiamo festeggiando: abbiamo appena ottenuto un appartamento nel Bramford!" - "Nel Bram?" esclamò la ragazza. "Il mio sogno! Se mai doveste subaffittare, io sono la prima, non dimenticatelo! Con tutti quei doccioni e quelle strane figure che si arrampicano tra le finestre!"
La storia di questi sposini, lei giovane bellezza dell'Omaha catapultata a New York e lui attore in cerca di successo (cosa non darebbe, magari l'anima...), si trasforma in una fiaba satanica vissuta tra le mura che furono e continuano ad essere teatro di morti sospette e suicidi, con inquilini che se allitteriamo non possono che inquietare.
Tutto è narrato con molto ritmo e dialoghi vivaci, con toni plausibili nell'impossibile che sembra invadere la vita quotidiana di Rosemary la cui gravidanza tanto attesa arriverà, ma l'atmosfera sarà tutto meno che gioiosa. La giovane sposa cercherà di reagire, di fugare i dubbi su ciò che accade in quel palazzo, sulle medicine naturali che le offrono le premurose vicine di casa. Nonostante i dolori proverà ad uscire, a girare per la città, a parlare von il vecchio amico Hutch.
"Attraversò Madison Avenue e a un certo punto, tra la Madison e la Quinta, si fermò a guardare in una vetrina; vi era un piccolo presepio illuminato, con deliziose figurine di porcellana... Sorrise alla patetica scena, carica di tutto il significato e l'emozione sopravvissuti al suo agnosticismo; poi nel cristallo della vetrina, sospeso come un velo davanti alla natività, vide riflesso il proprio volto sorridente, con le guance emaciate e gli occhi cerchiati che il giorno prima avevano allarmato Hutch e ora allarmarono lei."
Durante quelle uscite, non frequenti, dal Bramford c'è anche spazio per uno dei luoghi culto della narrativa newyorchese: "Nel primo pomeriggio del venerdì 24 giugno, al banco della cancelleria di Tiffany, dove era andata per comprare altre venticinque buste, Rosemary incontrò Dominick Pozzo, che nel passato era stato maestro di dizione di Guy."
Senza dire oltre sulla trama stregata, l'imperativo è, nel caso vi trovaste prima o poi a New York, di andare a rendere il giusto omaggio sia al Dakota Building (e a John Lennon che a due passi dal Dakota è stato ucciso), e poi di andare a fare una passeggiata verso l'Alwyn Court e osservare le salamandre incoronate che ornano l'ingresso.
Chiudo spendendo due parole sulla reperibilità di questo libro. Mentre non avrete difficoltà a trovare in libreria le imperdibili autobiografie di vari calciatori, libri di cucina di presentatori TV (mancano quelli di ricette dei calciatori, ma presto arriveranno, ne sono certo), per recuperare Rosemary's Baby c'è da faticare un pò tra i mercatini dell'usato, virtuali o reali che siano. La prima edizione italiana è del 1968, edita da Garzanti, poi ristampato nel 1976 (è quella che ho io, ritratta nel post), c'è ne è anche una del Club degli Editori del 1986. In seguito i diritti passano alla Mondadori che nel 2005 ne fa un Oscar che oggi, manco a dirlo, è fuori catalogo.
Rosemary's Baby, Ira Levin, Oscar Mondadori, 2005