domenica 6 maggio 2012

Romanzi a New York #90: Il Colosso d'Argilla

Prima di entrare nel vivo della recensione è il caso di spendere due parole sul nome di questa casa editrice romana, la 66thand2nd, che altro non è che un indirizzo di New York, ovvero l'incrocio tra la Sessantaseiesima Strada e la Seconda Avenue, un marchio ispirato a un luogo di passaggio, dove gli editori hanno avuto l'idea di fondare una casa editrice per far conoscere ai lettori italiani i libri che hanno letto e amato durante il loro soggiorno americano.  Detto questo, parliamo di un libro intenso, uno dei capolavori assoluti della letteratura sportiva ma non solo: Il Colosso d'Argilla (The Harder They Fall), di Budd Schulberg, pubblicato negli USA nel 1947, in Italia da Garzanti nel 1957 e adesso, finalmente, di nuovo disponibile nel nostro Paese.
Schulberg (1914-2009) è stato corrispondente di guerra, giornalista sportivo e premio Oscar nel 1955 per la sceneggiatura del film Fronte del Porto (del libro ne parleremo, prima o poi). 
Il Colosso d'Argilla ci porta nella New York bianco e nero del dopoguerra, ci accompagna dentro e, soprattutto, nei dintorni del Madison Square Garden, su quell' Ottava Avenue che si distende alle spalle dell'impianto sportivo, con le sue palestre, i bar, i ristoranti, i locali equivoci, zona un tempo borderline della città, vicina al centro quanto basta ma anche lontana quanto basta. Protagonista del libro è Eddie Lewis, giornalista sportivo che sogna di fare lo scrittore e finisce per fare l'addetto stampa di Nick Latka, boss-manager di pochi scrupoli e grandi ambizioni sociali che vive "nel suo appartamento sulla 53esima est". Lewis dovrà impegnarsi a fondo per costruire una buona reputazione al pugile sudamericano El Toro Molina, un brocco alto due metri per 125 kg. di peso, liberamente ispirato alla figura del pugile italiano Primo Carnera.
"El Toro Molina era così grande che la prima volta che lo vedevi andava messo a fuoco un pezzo alla volta, come quando si fotografa un grattacielo".
Schulberg fa della storia un romanzo esemplare della letteratura americana, fonde gli insegnamenti del suo idolo Francis Scott Fitzgerald, esplicitamente omaggiato in alcuni passi, con la narrazione in stile hard boiled  dei polizieschi di Dashiell Hammett o Mickey Spillane, e i toni delle grandi inchieste giornalistiche. 
Quanta America di quegli anni c'è in queste 400 pagine? Tutta, o quasi. Boss, tirapiedi, donne fatali, donne deluse, prostitute di buon cuore e senza cuore, mezze calzette, pugili suonati, arrivisti, opportunisti, allenatori e sparring partner benevoli, scommettitori, giornalisti prezzolati, il tutto spesso innaffiato da dosi abbondanti di whisky. Personaggi positivi pochi, personaggi veri tanti, ritratti in maniera efficace ed essenziale, con dialoghi e riflessioni mai banali, metafore al rasoio senza cadere nel luogo comune ma, anzi, con uno stile che si erge a modello da imitare e più volte imitato. 
E anche Eddie Lewis, il protagonista narratore, il più colto e intelligente del gruppo, non riesce a tirarsi fuori dal pantano:  "Beh, promettimi di tenere la bocca chiusa, cucita o piena d'acqua, ma Molina potrebbe dare una lezione solo a un peso leggero di terza categoria. Silenzio però. Sto per trasformarlo nell'uomo che starà col fiato sul collo del campione."
Il piano è semplice: una serie di incontri truccati sulla costa ovest, a Los Angeles e dintorni, e un ritorno trionfale a New York per un big match al Madison Square Garden. Un piano che distruggerà vite ed anime, non necessariamente in quest'ordine.
Il romanzo è stato adattato per il cinema nel 1956 (con alcune significative differenze rispetto al libro) e viene ricordato anche per essere stato l'ultimo film interpretato da Humphrey Bogart.
"La boxe appartiene per vocazione ai miserabili, a quelli che per sopravvivere devono combattere".
Il Colosso d'Argilla, Budd Schulberg, 66thand2nd, 2011