venerdì 3 dicembre 2010
Romanzi a New York #18: Una Casa a New York
Mi sono imbattuto in Una Casa a New York per caso, girovagando tra gli scaffali di una megalibreria della periferia di Roma.
E ho scoperto un eccellente scrittore.
Questo di Adam Gopnik è un volume imperdibile, che si colloca su un confine indefinito tra romanzo, inchiesta, diario e letteratura di viaggio. L'autore, un pò come accadde a Henry James (più volte citato nel volume) circa un secolo fa, torna a New York dopo un periodo di assenza nel quale ha vissuto a Parigi. Gopnik rientra nella City per scoprirla e riscoprirla e ce la racconta da un punto di vista molto personale, al tempo stesso realistico e romantico, giornalistico e filosofico. Ed è così che, a prescindere da dove ci troviamo, lo scrittore ci fa vivere a New York, ci fa sentire la città sulla pelle e nel cuore, grazie a piccole grandi storie di vita quotidiana, di incontri, di vita familiare, di bambini (suoi e non solo).
Gopnik, collaboratore del New Yorker dal 1986 è un osservatore acutissimo e un narratore efficace. Mescola aneddoti a filosofia, cronaca a cultura popolare, aspetti demografici a religione, sempre con originalità e senza mai annoiare. Pagina dopo pagina, respiriamo la splendida aria autunnale della città, partecipiamo a feste ebraiche, recite scolastiche, partite di baseball, trattiamo con vicini suscettibili, conosciamo la storia di locali jazz, di chef e ristoranti, alziamo gli occhi verso l'architettura per poi accorgersi che ci si vive dentro e riviviamo con un inedito punto di vista la tragedia di Ground Zero: "E' la città simbolica che ci attira qui, ma è la città reale che ci fa restare. Sembra difficile credere che la città andrà avanti, eppure è importante crederci, perché adesso sappiamo come sarebbe perderla, sarebbe perdere la vita stessa".
La New York che leggiamo è la città che amiamo e che si rivela sempre originale, nuova e in divenire per trovare conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che su New York c'è sempre - e molto - da dire, soprattutto se si sa come scriverlo.
Il titolo americano - Through the Children's Gate - suona molto diverso da quello dell'edizione italiana. Anche stavolta, come spesso accade, in Italia si punta sulla città in generale, ed è comprensibile, ma credo valga la pena citare un passo del volume che fa riferimento alla versione originale: "Tornammo a New York nel 2000, dopo anni di lontananza, per varcare il Children's Gate e metter su casa qui, una volta per tutte. il Children's Gate - il cancello dei bambini - esiste sul serio, ed è davvero possibile varcarlo. È l'ingresso di Central Park che si trova all'incrocio fra la 76esima Strada e la Quinta Avenue."
Confesso che nei miei viaggi a New York non avevo mai fatto caso alle denominazioni dei vari ingressi di Central Park, la prossima volta lo farò ed entrerò anche io in quel poetico varco dei bambini.
Una Casa a New York, Adam Gopnik, Guanda, 2010