Tra le mie malefatte letterarie c’è un piccolo volume,
pubblicato nel 1993 da Novecentonovanta, dedicato a Godzilla, anzi, più
precisamente ai fumetti Marvel degli anni 70 del mostro più famoso del
mondo, quando combatteva contro Thor e i Fantastici Quattro. In virtù di questa pubblicazione, il cui testo lo trovate qui,
sono giudicato uno degli esperti nazionali della materia, con il piccolo volume
continuamente citato nelle bibliografie godzilliane (o godzillesche che dir si
voglia).
E quindi potevo mai mancare all’anteprima del nuovo film sul
lucertolone girato dall’inglese Gareth Edwards con Ken Watanabe, Bryan
“Breaking Bad” Cranston, Juliette Binoche, e i prossimi fratelli Vendicatori
Aaron Taylor-Johnson e Elizabeth Olsen ? Sì potevo mancare e non ci sono
andato. Fine della recensione.
Ero molto tentato di chiudere così ma in realtà, puntuale
come un liceale al primo appuntamento, alle ore 21 meno 5 ero lì che
ritiravo la cartella stampa.
L’ultimo film del Grande G parte col ritmo giusto, quello
dei catastrofici di un tempo, con la tensione che sale in attesa del
cataclisma. Lo scienziato incompreso, i sensi di colpa verso la moglie morta,
un bambino dal grande futuro, la minaccia ignota che incombe e il mostro che
tanto mostro non è. Eh già, il Godzillone, si capisce subito, non sta mai dalla
parte dei cattivi come in alcuni capitoli del passato, non uccide nessun umano, neanche per sbaglio, ma
anzi sarà il dio salvatore (God-Zilla o Gojira come lo chiamano in Giappone)
contro la minaccia di altri esseri tanto giganteschi quanto orripilanti e
maligni.
Il Godzilla 2014 riprende in maniera accurata la classica
iconografia del mostro originale, con tanto di fascio radioattivo blu sparato dalle fauci e
muscolatura quasi antropomorfica.
Il tema è quello della riconciliazione dell’uomo con la
natura, insidiata dall’industria nucleare, così come il primo film del 1954 era
figlio della bomba H di Hiroshima e della paura della guerra atomica.
Il regista mette a frutto il suo talento, quasi artigianale (a proposito, guardatevi il suo "Monsters"),
nello sfruttare gli effetti speciali, con la fotografia livida di Seamus
McGarvey abbinata alle musiche deflagranti di Alexandre Desplat e un 3D che,
una volta tanto, non finisce con il disturbare lo spettatore.
Non era facile reinventare per la trentesima volta o giù di
lì il personaggio e la sua storia ambientata tra Giappone San Francisco, ma la
sfida alla fine è riuscita, anche se il buonismo al 100% che caratterizza il
mostro lascia una piccola ferita nell’immaginario di chi conosce a fondo la sua
creazione.
Il nuovo Godzilla esiste per ristabilire l’ordine delle cose
e della natura, non devasta intenzionalmente ponti e grattacieli e casomai, se lo fa, lo
fa a incidentalmente e comunque per un buon fine.
Ma noi gli vogliamo sempre bene al lucertolone, anche quando è così buono.