domenica 7 ottobre 2012

Romanzi a New York #94: New-York


"La città di New York, appena vi ponete il piede, vi si rivela in tutta la formidabile attività della sua vita, in tutta quell'indole stramba e mirabile per cui va tanto famosa."
Ferdinando Fontana (1850-1919) è uno dei tanti (purtroppo) nomi della nostra storia e letteratura noto solo a una ristretta cerchia di critici e studiosi. Ed è un peccato. 
Fontana, esponente della Scapigliatura milanese, movimento artistico e letterario della seconda metà dell'Ottocento, è stato un uomo di capacità e sensibilità straordinarie. Nella vita ha fatto di tutto: ambulante, marittimo, poeta, commediografo, giornalista e - anche se non è un mestiere - il rivoluzionario, partecipando attivamente alle agitazioni milanesi del 1898. Socialista fervente, si è sempre interessato della povera gente, dei diseredati, di chi faceva fatica a mantenere la famiglia. 
Fontana inizia a collaborare con il Corriere della Sera, per il quale scrive lunghi reportage sulle classi disagiate, tra cui quella degli emigranti, categoria simbolo di chi è costretto a fare di tutto per sbarcare il lunario, anche ad abbandonare la Patria per l'America.
Nel 1881 Fontana decide di andare a vedere con i propri occhi cosa accade agli italiani in quella opulenta città dei dollari che è New York, in modo da raccontare in prima persona le sue esperienze (l'editore Galli le pubblicherà in volume nel 1884), con lo stile del racconto di viaggio con il quale si era già cimentato in paesi come la Francia, l'Algeria e la Germania. Fontana approda a New York con lo sguardo dell'analista sociale e socialista, magari un pò prevenuto, ma lucido e attento. La New York di Fontana è già una potente realtà industriale e finanziaria, anche se i grattacieli del financial district sono ancora nella mente degli architetti.   L'autore, spinto dalle sue convinzioni ma anche da uno spiccato senso realistico, vuole sfatare il mito dell'America come Terra Promessa, landa delle felicità, dove tutti immaginano che basta arrivare lì per trovare il paradiso, la ricchezza, il benessere. Eppure, nonostante le giuste osservazioni dal punto di vista - diciamo così - "proletario". non escludono una certa fascinazione subita dallo scrittore nello girare per le streets e le avenues: "A New York il servizio delle tramvie è fatto stupendamente. Ci sono linee di tramvie che vi trasportano per decine e decine di chilometri al prezzo sei cents e cioè di trenta centesimi dei nostri...questi carrozzoni sono costruiti solidissimamente, ben dipinti, alcuni con molta eleganza e non senza buon gusto. I sedili sono comodi, il passaggio di mezzo assai largo..."
Che dire, l'efficienza dei servizi, la qualità dei materiali destinati alla "Res Publica", colpisce l'autore che coglie le contraddizioni di una città, allora come ora, competitiva, opulenta, capitalista, frenetica, consumistica ma al tempo stesso istituzionalmente solida, attrezzata, funzionale e organizzata. 
Il racconto di Fontana va molto oltre lo spunto giornalistico dell'inchiesta sociale. Diventa, mano a mano che scorrono i paragrafi, un romanzo di viaggio puntuale, emozionante, arricchito di notazioni architettoniche, urbanistiche, culturali e antropologiche tali da rendere il volume una guida che ci fa viaggiare nel tempo oltre che nello spazio: "Tra Union Square e la Madison's Place c'è, per altro, una casa isolata, in mezzo a un pò di tappeto verde. Architettonicamente è la casa più linda del mondo. Di colore severo, a quattro piani, con finestre proporzionate, essa sorge silenziosa e grave in mezzo agli edifici mercantili che la circondano... Quella casa, mi fu detto, appartiene infatti a una delle più antiche e doviziose famiglie americane. Poche decine di anni or sono era una casa di campagna, poiché a quell'epoca New York finiva poco dopo la downtown e il centro della città era ancora tutto campi e pascoli."
Le testimonianze di Fontana si rivelano preziosissime per ogni appassionato della Grande Mela, e anche quando affronta il tema dell'immigrazione ci troviamo di fronte a spunti interessanti, perché all'epoca il centro di accoglienza non era la celebre Ellis Island, ma il Castle Garden (oggi Castle Clinton) definito "il semenzaio umano più grande degli Stati Uniti"
L'autore gira dappertutto, batte la città a tappeto, rimane sorpreso da come tutto sia sempre in movimento e quasi sconvolto dalla quantità di cartelloni pubblicitari e di come la pubblicità sia una delle anime della città, tanto da creare gli uomini sandwiches che girano per i marciapiedi con quei cartelli addosso che sembrano strumenti di tortura. Ogni quartiere della città viene analizzato, perlustrato. Persino i famigerati "Five Points", dove italiani e irlandesi si ammazzavano un giorno sì e l'altro pure: "Passare per i Five Points è un atto di coraggio, dicono. Io credo che queste siano esagerazioni, ma ad ogni modo, conviene pure ammettere che gli abitanti di quel quartiere non si curano troppo di migliorarne la fama. Ben vero che i delitti più tremendi vengono commessi a New York anche con pari frequenza da altra gente che non sia italiana , ma l'aspetto losco e cencioso dei nostro connazionali, i loro mestieri degni di disprezzo, la prontezza nell'adoperare il coltello, la sudiceria in cui essi vivono, danno loro l'aggravante di quella specie di briganteria melodrammatica leggendaria."
New-York è uno dei più importanti testi che propongono un punto di vista italiano di questa città e la qualità dell'osservatore ne fa un resoconto storico superlativo. ma non solo. Le riflessioni sui meccanismi di sviluppo di questa metropoli, colta all'inizio della sua crescita esponenziale industriale, economica ed architettonica ed economica fissano temi senza tempo, molti dei quali ancora riconoscibili nella New York di oggi.
New-York, Ferdinando Fontana, Salerno Editrice, 2006