sabato 9 aprile 2011

Romanzi a New York #44: Just Kids


Il Chelsea Hotel, Il Greenwich Village, la New York a cavallo tra il 1960 e il 1970. Luoghi e tempi cantati e decantati, romanzati a più non posso. Beh, se volete conoscere bene "quella New York" lasciate perdere qualsiasi romanzo ambientato in quei luoghi e in quel periodo e aprite le pagine di Just Kids.
Il primo libro in prosa della poetessa del rock è un toccante diario della sua gioventù newyorchese, del suo complicato rapporto con il fotografo Robert Mapplethorpe ("Assieme ciascuno per la sua strada") e della fatica, della fame d'arte e d'artista che si viveva nella New York di quegli anni.
La prosa di Patti è secca ed emozionante, ci fa vivere e capire la voglia d'arte di quella gioventù squattrinata che combatteva una guerra quotidiana pur di vivere per quello e con quello in cui si crede.
Incontri (citiamo, a caso, Sam Shepard, William S. Burroughs, Jimi Hendrix, Jim Carroll, Todd Rundgren...), amori, locali, musica, droga, poesia, strade, impieghi, gallerie, negozi, dischi, i musei visitati in due ma separatamente, passandosi l'unico biglietto che erano in grado di acquistare.
Patti Smith poetizza in prosa una New York che è sparita nel giro di pochi anni, un pò maledetta, un pò pericolosa, magari anche un pò squallida, ma che ha segnato una generazione e ha creato dei miti.
Vediamo la protagonista commessa del celebre negozio di giocattoli "Fao Schwarz" che ha regole interne di ferro, oppure la troviamo molto più a suo agio al lavoro tra gli scaffali della libreria Scribner (chiusa nel 1989) a Rockfeller Center.
Patti Smith ci racconta le sue passioni, i suoi inizi con la pittura, il passaggio alla poesia, i momenti decisivi per la sua carriera nel rock, ma anche i luoghi decisivi.
All'Hotel Chelsea citato in apertura della recensione è dedicato un intero capitolo. L'artista, come altri suoi celebri colleghi, ci ha vissuto (qualcuno ci è anche morto ma questa è un'altra storia) e la descrizione di quell'albergo, la vita al suo interno dove lei condivideva una stanza con Robert Mapplethorpe sono una delle parti newyorchesi più struggenti ed emozionanti del libro: "Quando ci eravamo presentati alla reception non avevo la benché minima idea di come avrebbe potuto essere la vita al Chelsea Hotel, ma presto mi resi conto che finire qui era stato un tremendo colpo di fortuna. Considerato quanto pagavamo, avremmo potuto permetterci un alloggio spazioso nell'East Village, ma abitare in questo albergo eccentrico e dannato ci garantì un senso di sicurezza e un'istruzione stellare".
Anche la New York più iconografica passa sotto lo sguardo inedito della rockeuse che sa come descriverla: "La città era una città vera, sfuggente e sessuale... I grattacieli erano meravigliosi. Non davano affatto l'impressione di essere soltanto gusci per le aziende. Erano monumenti allo spirito dell'America, arrogante ma filantropico". Certo Patti Smith è una che ce l'ha fatta, una che, a differenza di tanti altri, ha scoperto di avere talento oltre la volontà ma tutto ciò è avvenuto lì, nell'unica città dove poteva avvenire.
L'autrice non si risparmia nei ricordi, tira fuori foto dal suo archivio personale e non glissa mai sugli episodi più dolorosi come la morte di Robert nel 1989.
Just Kids è uno dei casi letterari del 2010, un vero outsider, il libro che non ti aspetti, un hit alternativo come alternativa era la musica dell'autrice all'epoca degli esordi.
Just Kids, Patti Smith, Feltrinelli, 2010